Prassi amministrativa di riferimento
Definizione legale
Art.30 - D.Lgs. 276/2003
1. L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
4. Resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma 2 (1).
4-ter. Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese è ammessa la co-datorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso. (2)
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(1) Comma aggiunto ai sensi dell’art. 7, comma 1, decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251.
(2) Comma inserito dall’art. 7, comma 2, lett. 0a), D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. con modif. in L. 9 agosto 2013, n. 99, a decorrere dal 23 agosto 2013.
Riflessioni
Il comma 2 dell’art. 30 afferma che durante il distacco il trattamento economico e normativo resta a carico del distaccante: ciò è ribadito dalla nota ministeriale n.3/2004 la quale ricorda come anche in passato fosse in uso la prassi consolidata del rimborso delle spese sostenute da parte del distaccatario. Su questa problema le Sezioni Unite della Corte di Cassazione già dal 1989 con la sentenza n. 1751 del 13 aprile avevano chiarito che il rimborso delle spese sostenute non presenta alcuna rilevanza per la qualificazione del c.d. “distacco genuino”. In sostanza, la piena legittimità del rimborso pieno delle spese retributive sostenute per il lavoratore ha il pregio di rendere lineare e trasparente l’imputazione dei costi sostenuti dalle varie imprese (ovviamente, nei limiti di quanto effettivamente speso, perché altrimenti si corre il rischio di scivolare verso la somministrazione indebita).
La disposizione parla di trattamento economico e normativo: ciò significa che, ad esempio, al lavoratore distaccato debbono essere garantiti tutti quegli istituti previsti dal CCNL applicato che si riferiscono agli altri lavoratori dell’impresa da cui dipende.
L’art. 30 non ne parla espressamente ma appare evidente che alla titolarità in capo al distaccante del trattamento economico consegue anche l’onere contributivo il quale, afferma la circolare n. 3, va adempiuto in relazione all’inquadramento del datore di lavoro distaccante. Su questo punto linterpretazione ministeriale si attesta con quanto pacificamente avviene da quando sono state emanate le circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 4/1994 e dell’INPS n. 81/1994.
Anche il problema dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, non trattato espressamente dall’art. 30, trova una soluzione: essa è a carico del distaccante ma l’importo va calcolato sulla base dei premi e della tariffa applicati al distaccatario, così come previsto dalla circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 58 del 21 aprile 1994. Il datore di lavoro distaccante rimane obbligato nei confronti dell’INAIL qualora ci si trovi in presenza di un’azione di rivalsa susseguente ad un infortunio del lavoratore in distacco, in quanto, esso viene considerato quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro, per effetto dell’art. 10, comma 3, del DPR n. 1124/1965.
La circolare n. 3 affronta, poi, il problema del significato da dare al comma 3 dell’art. 30, laddove si afferma che “il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato”: La chiave di risposta è stata quella della ratifica c.d. “equivalenza delle mansioni”, laddove un mutamento di esse, pur non comportando un demansionamento, implichi una riduzione e/o specializzazione dell’attività svolta, inerente al patrimonio professionale del lavoratore. Con tale soluzione il Dicastero del Welfare non sembra aver seguito la tesi di chi, nei primi commenti, ha sostenuto che con la dizione adoperata si potesse giungere (sia pure temporaneamente e con il consenso del lavoratore che, magari, potrebbe avere un interesse al distacco presso un’altra impresa perché, ad esempio, più vicina ai propri interessi familiari) ad un superamento dell’art. 2103 c.c. . La dizione adoperata dal Legislatore delegato che richiede il consenso del lavoratore soltanto nell’ipotesi in cui vi sia un mutamento delle mansioni, autorizza una lettura della norma secondo la quale se le mansioni sono le stesse e si resta nell’ambito dei cinquanta chilometri, il distacco può avvenire per scelta unilaterale del datore di lavoro.
L’ultimo comma dell’art. 30 ricorda che l’ipotesi di un distacco presso una unità produttiva ubicata ad oltre cinquanta chilometri dalla sede di attività può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
La disposizione postula alcune precisazioni: la prima riguarda il concetto di unità produttiva che, nel nostro caso, dal momento che si è parlato sempre di due datori di lavoro va riferita all’impresa distaccataria e non, come si potrebbe pensare, ad una articolazione dell’impresa distaccante in tutto od in parte idonea ad espletare l’attività.
La seconda si riferisce alle comprovate esigenze: qui, ad avviso di chi scrive, si deve trattare di un qualcosa di particolarmente importante (è una disposizione a tutela del lavoratore rispetto a possibili “ripicche” datoriali) che deroga al principio generale che la circolare ha posto alla base del comando, allorquando, dando una interpretazione al requisito dell’”interesse del distaccante”, ne ha fornito una lettura estremamente allargata facendolo coincidere con “qualsiasi interesse produttivo (...) che non coincida con quello della mera somministrazione di lavoro altrui”.
Da ultimo, la nota interpretativa del Ministero offre risposte a due ultimi quesiti.
Il primo riguarda la possibilità che il datore di lavoro distaccante possa stipulare un contratto a termine per la sostituzione del lavoratore distaccato, secondo la previsione del D. L.vo n. 368/2001: ovviamente, la durata dello stesso, comprensiva della proroga, non può superare i trentasei mesi.
Il secondo si riferisce ad una ipotesi di distacco parziale: ciò è stato ritenuto possibile, alla luce degli orientamenti già espressi dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5102 del 21 maggio 1998, richiamati dalla nota ministeriale n. 5/26183 dell’11 aprile 2001. Questo comporta, di conseguenza, che il resto della prestazione deve essere svolto presso l’impresa “madre”. Ovviamente, il concetto di “parzialità del distacco” può riverberare i propri effetti sia sulla dislocazione temporale delle prestazioni che anche sull’eventuale “quantum” del rimborso che va rapportato alla effettiva prestazione presso il datore di lavoro distaccatario.
Con l'interpelllo n.1 del 20 gennaio 2016 il ministero ha infine chiarito l'automaticità dell'esistenza dell'interesse al distacco nell'ambito di gruppi d'impresa.